rigenerativa01La medicina rigenerativa rappresenta una grande promessa per l’ortopedia. Se i chirurghi ortopedici affrontano continuamente sfide per quanto riguarda la guarigione delle articolazioni e dei tessuti muscoloscheletrici affetti da patologie, la medicina rigenerativa si propone di sviluppare nuove terapie in grado di sostituire, riparare o promuovere la rigenerazione dei tessuti.

Esistono processi riparativi naturali che l’organismo mette in atto ogni qualvolta i tessuti vengono traumatizzati o si rovinano per patologie degenerative di ogni tipo.

Questi meccanismi di “autoriparazione” tuttavia sono meno efficaci in alcune condizioni e per alcuni tipi di tessuti dove l’apporto ematico è scarso, per esempio in corrispondenza dei tendini (specialmente dove questi si inseriscono sull’osso) o nelle articolazioni dove gli insulti alle cartilagini risultano difficili da riparare. E anche l’osso, che possiede capacità rigenerative molto spiccate, a volte può non guarire.

La rigenerazione dei tessuti muscolo-scheletrici richiede 4 componenti chiave: le cellule, segnali morfogenetici, un’adeguata “impalcatura” e un appropriato ambiente.

Quando uno o più di questi componenti sono deficitari, la guarigione dei tessuti non avviene efficacemente e ciò può portare a dolori cronici e a limitazioni funzionali fortemente invalidanti.

La medicina rigenerativa si propone di sviluppare nuove terapie in grado di sostituire, riparare, o promuovere la rigenerazione tissutale.

Segnali morfogenetici sono più frequentemente forniti da singoli fattori di crescita, per esempio, il plasma ricco di piastrine (PRP) che potenzialmente ha la facoltà di rigenerare i tessuti.

Nonostante il sangue sia formato prevalentemente da liquido (il plasma), la compone nte corpuscolata è quella funzionale. Essa comprende i globuli rossi (che trasportano l’ossigeno), i globuli bianchi (le cellule dell’immunità) e le piastrine. Queste ultime, oltre ad avere come funzione principale quella di controllare la coagulazione, sono ricche di centinaia di proteine, i cosiddetti fattori di crescita.

Il PRP è plasma molto più ricco di piastrine rispetto a quello che si trova nel sangue (5-10 volte maggiore) ed è ottenuto attraverso la centrifugazione del sangue stesso del paziente .

Il prodotto ottenuto, appunto il PRP, sebbene non sia completamente chiaro il meccanismo, tuttavia sembra velocizzare e promuovere la guarigione dei tessuti, specialmente quelli muscolari e tendinei.

Il suo utilizzo maggiore, infatti, è nelle lesioni muscolari, nelle tendiniti o in chirurgia, applicato nella zona di sutura dei tendini rotti per aiutarne il processo di cicatrizzazione/guarigione.

Sebbene per il trattamento dei tessuti lesi possano essere utilizzate cellule già differenziate proprie di questi tessuti, tuttavia la maggiorparte degli sforzi della ricerca negli ultimi anni si sono rivolti alle cellule staminali mesenchimali.

Esse possono essere reperite in molteplici tessuti e si possono differenziare verso linee cellulari diverse, come per esempio nel condrocita (cellule cartilaginee), miocita (cellule muscolari) o osteocita (cellule ossee).

L’utilizzo di queste cellule mesenchimali attraverso l’iniezione locale aiuta a promuovere le capacità rigenerative della cartilagine, dei muscoli e dei tendini.

Queste cellule hanno, altresì, proprietà antinfiammatorie ed agiscono, pertanto, sul dolore e la tumefazione che ne rappresentano i sintomi principali.

Le cellule staminali mesenchimali sono anche una ricca fonte di fattori trofici.

Le principali fonti di cellule mesenchimali sono il midollo osseo e il grasso.

Quest’ultimo rappresenta attualmente la fonte migliore perché il tessuto adiposo è una delle fonti più ricche di cellule staminali nel nostro organismo (circa 2500 volte maggiore rispetto a quelle che risiedono nel midollo osseo) e altresì molto più efficaci perché protette dalla loro “nicchia biologica”.

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Le cellule staminali derivate dal tessuto adiposo hanno anche una capacità immunomodulatoria molto superiore rispetto a quelle presenti nel midollo osseo e ciò può rappresentare un grande beneficio per pazienti con condizioni o patologie autoimmuni.

L’ulteriore vantaggio dell’utilizzo di cellule staminali da grasso è la facilità e scarsa invasività del prelievo che avviene attraverso una mini-liposuzione addominale eseguita in anestesia locale.

  • In che modo la terapia con cellule staminali può essere efficace nella cura dell’artrosi?

    Attualmente l’artrosi viene curata attraverso programmi riabilitativi, esercizi di mobilizzazione articolare e rinforzo muscolare, il controllo del peso corporeo e, in ultimo, attraverso la chirurgia protesica; si utilizzano, altresì, farmaci per via sistemica (antinfiammatori – FANS, antidolorifici) o locale attraverso infiltrazioni (ac. jaluronico, cortisonici), tuttavia, nonostante diano un miglioramento sintomatico temporaneo, essi non sono in grado di curare la cartilagine danneggiata. La chirurgia protesica, d’altro canto, è invasiva e non scevra da rischi.

    Molti studi e ricerche negli ultimi anni sono rivolti all’utilizzo di cellule mesenchimali adulte nella cura delle patologie degenerative articolari. Attraverso meccanismi complessi non del tutto chiariti, sembra che queste cellule promuovano la guarigione delle cartilagini danneggiate.

  • Cosa posso aspettarmi dopo la terapia con cellule staminali nel trattamento di una patologia artrosica?

    Dopo la procedura potrà comparire una sorta di indolenzimento e qualche ecchimosi a livello addominale che generalmente si risolvono entro 1-2 settimane. Dopo un immediato senso di benessere, un certo fastidio fino a un moderato dolore potrà svilupparsi anche a carico dell’articolazione trattata; ciò è dovuto al processo infiammatorio reattivo e potrà durare in alcuni casi fino a 4-6 settimane. Si consiglia, pertanto, di osservare il massimo riposo possibile per permettere alle cellule staminali di attecchire e di sviluppare al meglio il loro potere rigenerativo.

  • Quanto tempo ci vorrà per osservarne i benefici e quanto dureranno?

    Partendo dal presupposto che ogni paziente e ogni articolazione reagiscono in modo diverso, si può affermare che il beneficio può iniziare subito (o dopo qualche settimana) e lentamente progredire fino al culmine del risultato che di solito si ottiene dopo circa 6 mesi dalla procedura.
    L’effetto del beneficio ottenuto da questo tipo di terapia dipende dal grado di danno dell’articolazione: può durare da qualche mese ad alcuni anni. L’infiltrazione è unica e non è necessario ripeterla fino ad eventuale nuova indicazione da parte dell’ortopedico.

  • Quanto dura la procedura di infiltrazione e come si svolge?

    La procedura di prelievo e di infiltrazione dura circa 1 ora. Dopo una breve anamnesi, il paziente viene fatto sdraiare supino su un lettino chirurgico. Viene, quindi, preparato un campo sterile intorno all’addome e disinfettato con soluzione iodata. La procedura di prelievo del grasso inizia con l’iniezione di anestetico locale nelle zone di accesso che generalmente sono ubicate in corrispondenza dei margini laterali dell’addome, più o meno all’altezza dell’ombelico. Dopo iniezione di anestetico locale nel sottocute, si procede al prelievo attraverso un ago-cannula e una siringa; si tratta di una miniliposuzione che permette di raccogliere una quantità di materiale che può variare da circa 50cc a 80 cc. Tale quantità si riesce a prelevare anche nei soggetti particolarmente magri.

    Il grasso così prelevato, viene poi filtrato e processato con un apposito sistema (LIPOGEMS) e viene immediatamente iniettato nell’articolazione attraverso una o più infiltrazioni.

    Una medicazione compressiva a livello addominale verrà mantenuta per circa 24 ore per limitare il più possibile la formazione di ematomi o ecchimosi, mentre si useranno semplici cerotti a proteggere le zone di infiltrazione articolare. Il paziente è in grado di camminare e riprendere le comuni attività quotidiane già subito dopo la procedura. E’ consigliabile, tuttavia, un periodo di riposo di qualche giorno per evitare infiammazioni acute articolari.

  • Quali complicanze si possono verificare?

    Le complicanze finora osservate con questa procedura sono minori e prevalentemente legate al prelievo; queste possono manifestarsi come ecchimosi e un indolenzimento a livello addominale che in genere si risolvono spontaneamente nell’arco di 1-2 settimane. Nessuna complicanza maggiore è descritta, soprattutto a livello articolare. Anche il rischio teorico di artrite settica (infezione articolare) dovuto a una qualsiasi infiltrazione, sembra essere ulteriormente ridotto per il potere immunomodulatorio del derivato adiposo iniettato.