mf_spalla-12La spalla è l’articolazione più importante dell’arto superiore e quella con il grado maggiore di movimento di tutto il corpo umano.

E’ costituita dalla testa omerale che si articola con la porzione della scapola chiamata glenoide. Anche la clavicola fa parte di questa complessa articolazione in cui un sofisticato apparato di muscoli, tendini e legamenti ne garantiscono l’ampio arco di movimento e la stabilità.

I motori della spalla sono costituiti dai muscoli; di particolare importanza sono gli intra ed extrarotatori (sottoscapolare, sovraspinato, sottospinato, piccolo rotondo) che si inseriscono sulla porzione prossimale dell’omero attraverso un particolare sistema tendineo che avvolge la testa omerale e costituisce la cosiddetta “cuffia dei rotatori”.

Il labbro glenoideo e gruppi capsulolegamentosi, insieme alla cuffia dei rotatori, garantiscono la stabilità della spalla.

Non essendo un’articolazione sottoposta a carico, è meno soggetta ai processi degenerativi artrosici, ma frequentemente viene colpita da patologie di tipo degenerativo a carico dei tessuti molli, soprattutto della cuffia dei rotatori.

  • Patologie della cuffia dei rotatori e Sindrome da conflitto

    I tendini della cuffia dei rotatori scorrono in uno spazio (spazio subacromiale) costituito superiormente dalla porzione della scapola chiamata acromion e inferiormente dalla testa dell’omero. Una borsa sierosa si interpone tra ossa e tendini per facilitare il loro scorrimento.

    La cuffia dei rotatori è una fonte comune di dolore alla spalla. Il dolore può essere il risultato di:

    • tendiniti. I tendini della cuffia dei rotatori possono essere irritati o danneggiati. Il processo degenerativo a carico dei tendini ne altera la loro resistenza ed elasticità fino a provocarne la rottura che può essere spontanea o post-traumatica.Un tipo particolare di tendinite è causato dalla formazione di calcificazioni nel contesto dei tendini. E’ una patologia primitiva di cui non si conoscono le cause e viene definita morbo di Duplay; colpisce prevalentemente soggetti giovani (più frequentemente di sesso femminile) e
    • borsiti. La borsa sierosa può infiammarsi in conseguenza di un “overuse” e provocare dolori.
    • sindrome da conflitto. Lo spazio sottoacromiale può ridursi per svariati motivi causando l’irritazione dei tendini durante il loro scorrimento e provocandone l’infiammazione. L’elevazione della mano e del braccio sopra la spalla riduce fisiologicamente questo spazio e può causare dolori anche in una spalla normale.

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    I dolori originati dalla cuffia dei rotatori sono comuni sia nei giovani atleti che praticano sport in cui vengono utilizzate le braccia in elevazione (nuoto, baseball, tennis, pallavolo, ecc) sia in soggetti di mezza età che svolgono professioni che impongono attività ripetitive con le braccia sollevate (imbianchini, pittori, muratori, ecc.).

    Nei soggetti anziani, invece, i processi degenerativi svolgono un ruolo essenziale nella genesi del dolore da patologia della cuffia dei rotatori.

    La rottura dei tendini della cuffia dei rotatori può avvenire in seguito a traumi più o meno; tanto più un tendine è infiammato e/o degenerato, tanto più sarà soggetto a rotture.

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    Le patologie della cuffia causano comunemente dolori diffusi alla spalla (soprattutto nella parte anteriore), perdita di forza e netta limitazione funzionale fino alla rigidità. All’inizio i sintomi possono essere lievi; nelle fasi più acute il dolore è presente anche a riposo ed è tipico il dolore notturno. Movimenti semplici come pettinarsi, allacciarsi il reggiseno o estrarre il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni possono risultare impossibili.

    Il trattamento delle patologie della cuffia dei rotatori si pone come obiettivo la risoluzione dei sintomi dolorosi e il recupero della funzionalità.

    Nella maggior parte dei casi, il trattamento iniziale è conservativo. Sebbene questo tipo di trattamento possa richiedere diverse settimane o mesi, molti pazienti notano un miglioramento graduale e un ripristino della funzione.

    Nelle fasi più acute una terapia antinfiammatoria sistemica e locale e crioterapia (ghiaccio) possono far regredire i sintomi. Il medico può suggerire il riposo assoluto o la modifica di alcune attività come per esempio Nei casi più severi, infiltrazioni con soluzioni cortisoniche possono essere indicate.

    Terapie fisico-riabilitative per il recupero della mobilità e della forza della spalla costituiscono il secondo e più importante passo nel percorso verso la risoluzione dei sintomi.

    Una terapia fisica strumentale particolarmente efficace nelle patologie della spalla è costituita dalle onde d’urto focali, onde acustiche ad alta pressione che attraverso impulsi pressori stimolano l’attivazione dei naturali processi biologici di riparazione tissutale, in particolare tendinea.

    La fisioterapia si concentrerà inizialmente sul recupero del normale movimento alla spalla. Esercizi di stretching sono molto utili per migliorare l’arco di movimento. Se si hanno difficoltà a raggiungere l’intrarotazione (portare la mano dietro alla schiena), può essersi sviluppata una retrazione della capsula posteriore. In questi casi un allungamento specifico della capsula posteriore attraverso specifici esercizi e manovre di tipo kinesiterapico può essere molto efficace per alleviare il dolore.

    Al miglioramento dei sintomi, verrà iniziato un programma di rinforzo muscolare della cuffia dei rotatori.

    Il trattamento chirurgico è riservato ai casi refrattari ai trattamenti conservativi e i cui sintomi determinano una sostanziale limitazione della pratica delle normali attività quotidiane.

    Lo scopo della chirurgia è quello di aumentare lo spazio sottoacromiale per decomprimere i tendini della cuffia. La cosiddetta acromionplastica prevede sia la rimozione della borsa infiammata (bursectomia), sia l’asportazione parziale dell’acromion. Queste procedure possono essere eseguite usando una tecnica artroscopica o aperta. Le tecniche artroscopiche permettono di trattare gran parte delle patologie della cuffia dei rotatori con una invasività limitata e un recupero funzionale più veloce.

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    In caso di rottura della cuffia, alla suddetta pratica chirurgica può affiancarsi anche la sutura tendinea. Le tecniche di sutura dei tendini lesionati sono molteplici e hanno indicazioni diverse a seconda della tipologia della lesione.

    Di fondamentale importanza per il recupero dopo il trattamento chirurgico è un intenso e mirato programma riabilitativo che attraverso esercizi di mobilizzazione, stretching e rinforzo muscolare permette la completa rieducazione della spalla.

  • Instabilità

    L’instabilità della spalla è una condizione in cui le strutture capsulolegamentose non sono in grado di mantenere la testa dell’omero perfettamente accollata alla porzione glenoidea della scapola. I pazienti che soffrono di tale patologia, pertanto, avvertiranno un senso di mobilità anomala della spalla soprattutto in determinati movimenti nello spazio (generalmente l’extrarotazione-abduzione).

    Se la spalla esce parzialmente dalla cavità glenoidea, si parla di sublussazione, se fuoriesce completamente ed è necessaria una manovra riduttiva, si parlerà di lussazione.

    I pazienti con instabilità di spalla si lamentano spesso di una sensazione di disagio e di instabilità.

    L’instabilità di spalla colpisce prevalentemente tre tipi di pazienti:

    1. Pazienti con pregresse lussazioni traumatiche
- i pazienti che, a causa di un trauma, hanno subito un primo episodio di lussazione della spalla possono sviluppare una instabilità cronica dovuta alla rottura di capsula, legamenti e labbro glenoideo al momento del trauma. Se l’instabilità è particolarmente marcata, numerosi episodi di lussazione abituale possono verificarsi anche in seguito a movimenti banali.
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    2. Giovani atleti – atleti che praticano sport in cui l’arto superiore è utilizzato con movimenti al di sopra della spalla stessa (volley, nuoto, tennis, ecc.), sottopongono la capsula e i legamenti a stress distrattivi violenti e ripetuti che possono determinare questo tipo di instabilità definita multidirezionale.
    3. “Iperlassi” – si tratta di soggetti con una lassità generalizzata dei tessuti connettivi dovuti o a una patologia di base (sindrome di Ehlers-Danlos, sindrome di Marfan, artrite reumatoide, osteogenesi imperfecta, lupus eritematoso, poliomielite, sindrome di Down, sindrome di Morquio, disostosi cleidocranica o miotonia congenita) oppure a una condizione parafisiologica che colpisce prevalentemente soggetti giovani di sesso femminile.
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    Il trattamento dell’instabilità di spalla dipende dalla tipologia e dalla gravità dei sintomi.

    La maggiorparte dei pazienti con instabilità multidirezionale o gli iperlassi giovano grandemente delle terapie fisico-riabilitative volte alla stabilizzazione articolare attraverso il rinforzo mirato della muscolatura del cingolo scapolare.

    Il trattamento chirurgico è riservato ai pazienti con la cosiddetta lesione di Bankart (disinserzione del cercine glenoideo) conseguente a un episodio di lussazione e che presentano una marcata instabilità con episodi di lussazioni recidivanti.

    La sutura del labbro per via artroscopica (capsuloplastica anteriore) ha raggiunto negli ultimi anni un elevato standard qualitativo con tassi di recidiva molto bassi.

    In ogni caso un programma riabilitativo specifico sotto il controllo di fisioterapisti esperti permetterà un completo recupero dell’articolarità e del tonotrofismo muscolare.

  • Spalla congelata (capsulite adesiva)

    La spalla congelata, chiamata anche capsulite adesiva, è una patologia primitiva della spalla che colpisce circa il 2% della popolazione (più frequentemente tra i 40 e 60 anni con prevalenza nel sesso femminile) provocando dolore e rigidità della spalla. La causa di questa patologia non è ancora pienamente compresa; si pensa a un processo autoimmune in cui la capsula si infiamma, si ispessisce e si restringe sviluppando aderenze che riducono la mobilità attiva e passiva.

    Fattori predisponenti pare siano il diabete, l’ipo e ipertiroidismo, il morbo di Parkinson e malattie cardiache. Anche l’immobilizzazione della spalla in seguito a interventi chirurgici o a traumi (fratture o altre lesioni) può scatenare il processo di congelamento. E’, pertanto, fondamentale ridurre al minimo l’immobilizzazione e iniziare una proecoce rieducazione articolare per prevenirla.

    Con il progredire della patologia, la spalla diventerà sempre più rigida e immobile.

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    Si sviluppa in tre fasi:

    1. Fase di congelamento: in questa fase il dolore alla spalla aumenta progressivamente e con esso la spalla perde mobilità. Il congelamento in genere dura da 6 settimane a 9 mesi
    2. Fase congelata: i sintomi dolorosi possono effettivamente migliorare in questa fase, ma la rigidità permane. La fase congelata può durare dai 4 ai 6 mesi in cui risulta difficile svolgere anche le comuni attività quotidiane.
    3. Fase di scongelamento: il movimento della spalla migliora lentamente (duarata dai 6 mesi ai 2 anni) fino al recupero quasi totale sia dell’articolarità che della forza.

    L’obiettivo del trattamento della spalla congelata è quello di controllare il dolore e ripristinare il movimento e la forza attraverso la terapia fisica. Più del 90% dei pazienti migliorano con trattamenti di tipo fisico-riabilitativo.

    Farmaci antinfiammatori ed eventuali terapie infiltrative con soluzioni cortisoniche possono ridurre l’infiammazione e quindi il dolore, ma la mobilizzazione articolare rimane di fondamentale importanza: i protocolli riabilitativi prevedono esercizi di stretching autonomo e assistito.

    In rari casi è necessario l’approccio chirurgico che prevede sia manipolazioni e mobilizzazioni in narcosi che trattamenti artroscopici di lisi delle aderenze e capsulotomie per aumentare il volume dell’articolazione e rendere il movimento della testa dell’omero più fluido.

  • Protesi di spalla

    Un’altra causa di dolore alla spalla è costituita dall’artrosi, una patologia cronico-degenerativa che porta progressivamente a dolore costante e limitazione funzionale. Sebbene la spalla non sia un’articolazione sottoposta a carico, fattori influenti sull’evoluzione della patologia sono costituiti da sport o lavori usuranti su tale articolazione, pregresse tendinopatie o rotture della cuffia dei rotatori. Generalmente i sintomi iniziano verso i 55-60 anni e la patologia si sviluppa lentamente peggiorando nel tempo.

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    Le terapie fisiche (strumentali e/o riabilitative) cosituiscono efficaci rimedi nel miglioramento dei sintomi, tuttavia quando questi trattamenti non sono efficaci la chirurgia protesica può diventare l’unica alternativa.

    Sebbene la sostituzione protesica della spalla sia meno comune rispetto a quella dell’anca o del ginocchio, essa è altrettanto efficace per alleviare il dolore articolare.

    Esistono diversi tipi di protesi che hanno indicazioni diverse; il Chirurgo valuterà attentamente le condizioni cliniche e patologiche e sceglierà il tipo di protesi in base a diversi fattori.

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    Protesi totali: sono indicate nelle patologie degenerative (srtrosi, artriti, ecc) e sono costituite da una componente omerale dotata di stelo per ancorarsi nel canale omerale e una parte glenoidea (impiantata nella glenoide scapolare) a diretto contatto con la testa protesica e costituita di materiale plastico. Le componenti protesiche possono essere fissate a incastro (press-fit) o cementandole con cementi ossei acrilici.

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    Endoprotesi: in caso di fratture complesse della testa omerale o quando quest’ultima, a causa di una crisi vascolare va in necrosi, viene sostituita solamente la componente omerale, mentre la porzione scapolare non viene protesizzata. La scelta di utilizzare questo impianto dipende anche da fattori legati alla qualità della cartilagine articolare o dell’osso.

    Protesi di rivestimento: consiste nella sostituzione della sola superficie articolare della testa omerale con una protesi senza stelo. Il vantaggio maggiore di questa protesi è quella della conservazione ossea ed è una valida alternativa alle protesi di spalla convenzionali. Le protesi di rivestimento sono indicate nei pazienti giovani e attiva, in quanto riduce i processi di usura e quindi il rischio di mobilizzazione protesica. Grazie alla sua natura più conservativa, la protesi di rivestimento può essere, se necessario, facilmente convertita in un secondo tempo in una protesi totale.

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    Protesi inversa: in questo tipo di protesi le componenti articolari sono invertite. L’emisfera viene impiantata nella glenoide mentre la porzione concava con cui si articola viene inserita nell’omero. Questa protesi così particolare è indicata nei pazienti con una rottura completa dei tendini della cuffia dei rotatori che quindi avrebbero un risultato funzionale dopo impianto di una protesi convenzionale non brillante. Il concetto della protesi di rivestimento è l’utilizzo del deltoide come motore della spalla in alternativa alla muscolatura della cuffia non più funzionale.

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    Dopo l’intervento di protesizzazione della spalla, qualunque impianto sia stato scelto, è di fondamentale importanza una precoce mobilizzazione e un programma riabilitativo intenso e specifico. Verranno subito iniziati esercizi di mobilizzazione attiva e passiva e successivamente verrà impostato un programma di rinforzo muscolare adeguato per poter ottenere da questo tipo di intervento i risultati migliori.