mf_infezioni-8Le malattie infettive sono patologie causate da microrganismi come batteri, virus, funghi o parassiti. Molti di questi microrganismi colonizzano normalmente il corpo umano senza essere pericolosi, ma in determinate condizioni possono causare infezioni anche gravi.

Le infezioni in campo ortopedico-traumatologico possono avere effetti devastanti, creare gravi disabilità e addirittura disseminazioni sistemiche che mettono a rischio la vita del paziente.

Le infezioni possono colpire l’osso (osteomieliti), le articolazioni (artriti settiche) o le protesi impiantate (infezioni periprotesiche).

La presenza di un corpo estraneo (protesi articolari o mezzi di sintesi per le fratture), zone necrotiche (ossa e tessuti molli) o zone di ipossigenazione tissutale favoriscono l’attecchimento dei germi tramite la loro capacità di fissarsi su un materiale inerte e organizzarsi attraverso il cosiddetto biofilm, un complesso sistema proteico in cui i microrganismi si replicano e si organizzano in modo da essere protetti sia dal sistema immunitario sia dagli antibiotici.

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Condizioni predisponenti sono il diabete e stati di immunodeficienza (malnutrizione, tumori, infezioni come ad esempio da HIV).

La diagnosi di infezione può essere semplice; a volte, tuttavia, riconoscere e diagnosticare un’infezione può risultare molto difficile a causa dell’assenza dei tipici segni e sintomi.

In questi casi esami di laboratorio, di imaging e microbiologici sono fondamentali per giungere a una diagnosi sicura.

Il trattamento prevede un approccio complesso, sia di tipo chirurgico che farmacologico. E’, pertanto, fondamentale rivolgersi a centri superspecializzati in grado, attraverso un team polispecialistico composto da Infettivologi, Microbiologi, Chirurghi Ortopedici, Plastici e Riabilitatori in grado di accompagnare adeguatamente il paziente attraverso il  difficile percorso diagnostico-terapeutico.

  • Osteomieliti

    mf_infezioni-2L’osteomielite è un’infezione che colpisce l’osso; i germi possono colonizzarlo attraverso un contatto diretto o attraverso il sangue nei casi di un’infezione sistemica con disseminazione ematogena.

    Generalmente le osteomieliti sono conseguenti a una contaminazione diretta post-traumatica (fratture esposte) o post-chirurgica.

    Le osteomieliti acute tipicamente causano dolore, calore, rossore e tumefazione. Nei casi più gravi possono comparire anche sintomi sistemici come la febbre.

    Nelle osteomieliti croniche in cui non vi sia una fistola secernente (ossia un tramite con la cute), spesso i sintomi sono assai sfumati e a volte l’organismo riesce a mantenere in una fase quiescente l’infezione; i batteri vengono quasi “murati” all’interno dell’osso e una eventuale riattivazione è determinata da un abbassamento delle difese immunitarie o da una condizione che ne favorisca la recrudescenza.

    Il trattamento delle osteomieliti prevede un approccio chirurgico e farmacologico; la rimozione dei tessuti infetti è fondamentale ed è necessario essere il più radicale possibile per evitare delle recidive. Spesso è necessario sacrificare tessuti molli e ossei ed eventualmente procedere in un secondo tempo a interventi di chirurgia plastico-ricostruttiva.

    Questo secondo step chirurgico deve avvenire a completa risoluzione del processo infettivo; spesso le ferite rimangono aperte e protette da medicazioni avanzate come quella a pressione negativa o VAC-therapy.

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    Questo sistema, oltre a garantire una protezione adeguata nei confronti di una contaminazione esterna, assicura la formazione di tessuto di granulazione, primum movens verso la guarigione della lesione.

  • Pseudoartrosi settiche

    Quando un’infezione si localizza nel sito di una frattura e ne impedisce la guarigione, si parla di pseudoartrosi settica. Generalmente le pseudoartrosi settiche si verificano quando dei mezzi di sintesi vengono colonizzati dai batteri.

    A differenza della pseudoartrosi asettica, è necessario guarire l’infezione altrimenti qualsiasi tentativo di trattamento della pseudoartrosi fallirà.

    E’, pertanto, necessaria un’accurata pulizia (debridement) del focolaio settico con l’eventuale rimozione di qualsiasi mezzo di sintesi e/o tessuto non vitale e la stabilizzazione della frattura attraverso l’utilizzo di fissatori esterni che non renderanno necessaria la presenza di materiale inerte nel sito di infezione.

    A volte il focolaio settico è molto esteso e si rende necessaria l’asportazione di una buona parte di osso. In questi casi è necessario ripristinare la lunghezza del segmento attraverso tecniche diverse:

    1. Tecnica dell’ascensore con fissatore circolare (Ilizarov): una porzione più o meno estesa di tessuto osseo infetto viene asportata e il segmento viene sintetizzato con un fissatore esterno circolare (Ilizarov). Una seconda frattura viene prodotta a livello prossimale e, attraverso la regolazione quotidiana di bulloni dell’apparato circolare esterno, si “trasporta” la porzione diafisaria libera in modo che la parte superiore formi un callo osseo nuovo e quella inferiore vada gradualmente a contatto con la porzione distale fino alla completa guarigione della pseudoartrosi.
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    1. Tecnica della camera biologica (Masquelet): una volta resecata e asportata la porzione ossea infetta, viene colmato il gap osseo con uno spaziatore formato da cemento osseo antibiotato. A distanza di alcune settimane questo spaziatore verrà rimosso e la membrana che nel frattempo si sarà formata ha spiccate propietà biologiche che favoriranno l’attecchimento di trapianti ossei.
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  • Infezioni periprotesiche

    mf_infezioni-6Una delle complicanze più temibili nella chirurgia protesica è l’infezione dell’impianto. Attualmente non è possibile azzerare il rischio di infezioni periprotesiche; la letteratura internazionale attesta tale rischio intorno al 1-2% nei primi impianti e fino ad arrivare al 4-5% nelle revisioni. Come già detto, la superficie della protesi costituisce un ottimo terreno su cui i batteri possono crescere. La maggiorparte delle infezioni periprotesiche è causata da contaminazioni batteriche durante l’intervento chirurgico di impianto protesico. E’, tuttavia, possibile che l’infezione sia causata da successive procedure chirurgiche (soprattutto dentali) o in seguito a infezioni generalizzate; in questi casi i germi entrano nel sangue e possono colonizzare la protesi. E’, per questo, fondamentale sottoporsi a profilassi antibiotiche adeguate ogni qual volta ci si debba sottoporre a interventi anche in distretti corporei lontani dalla protesi.

    I sintomi delle infezioni periprotesiche sono costituite da dolore locale, calore, rossore cutaneo, febbre, eventuali fistole secernenti e progressiva perdita della mobilità. L’aspetto più grave, tuttavia, è costituito dal fatto che i batteri innescano un processo che determina il rilascio di sostanze tossiche che provocano il riassorbimento dell’osso intorno alla protesi e in ultima analisi alla sua mobilizzazione.

    Risulta, quindi, fondamentale riconoscere al più presto un’infezione per preservare il più possibile il tessuto osseo.

    Una corretta diagnosi è di fondamentale importanza per impostare un trattamento adeguato. L’isolamento del germe che causa l’infezione non è sempre semplice, ma costituisce uno step fondamentale per impostare una terapia antibiotica mirata.

    Le infezioni periprotesiche possono essere acute o croniche.

    In tutti i casi la terapia antibiotica da sola non riesce a debellare il processo settico per la capacità dei batteri di produrre le loro difese nelle prime 48 ore.

    La chirurgia è essenziale per rimuovere fisicamente i batteri coinvolti; se l’infezione viene riconosciuta e trattata nelle prime 3 settimane dalla contaminazione si ha una chance per il salvataggio della protesi. Oltre questo limite temporale, le linee guida internazionali suggeriscono la sostituzione della protesi.

    Questa procedura può avvenire in 2 modalità diverse:

    1. One-stage exchange: in cui la protesi è rimossa e sostituita nello stesso intervento dopo un accurata pulizia.
    2. Two-stage exchange: la protesi viene rimossa e sostituita con uno spaziatore antibiotato con la stessa forma della protesi; dopo un periodo variabile da qualche settimana a diversi mesi e una terapia antibiotica possibilmente mirata, alla normalizzazione dei parametri infiammatori, lo spaziatore viene rimosso e la protesi sostituita con una nuova.
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  • Artriti settiche

    Per artrite settica si intende l’infezione di un’articolazione da parte di uno o più germi che la infiltrano; l’infezione danneggia l’articolazione causando dolore severo, calore, rossore, tumefazione e progressiva limitazione funzionale.

    Il processo settico, se non curato, può condurre alla distruzione della cartilagine e quindi alla compromissione della funzionalità articolare.

    La sede più frequentemente coinvolta nelle artriti settiche è il ginocchio, ma anche altre articolazioni possono essere colpite (caviglia, anca, polso, gomito, spalla, colonna, le più comuni).

    Un complesso percorso diagnostico permette di riconoscere tale patologia e di identificare, spesso, il germe coinvolto.

    Il trattamento prevede, anche in questo caso, una terapia antibiotica mirata e spesso, nelle artriti settiche delle articolazioni maggiori, la pulizia chirurgica che nella maggiorparte dei casi avviene in artroscopia.